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Erinaceus europaeus Linnaeus, 1758
Riccio

SISTEMATICA E TASSONOMIA
Phylum: Chordata
Classe: Mammalia
Ordine: Erinaceomorpha
Famiglia: Erinaceidae
Oltre alla forma nominale, nel tempo sono state proposte altre entità sottospecifiche: E. e. occidentalis Barrett-Hamilton, 1900; E. e. hispanicus Barrett-Hamilton, 1900; E. e. centralrossicus Ognev, 1926; E. e. italicus Barrett-Hamilton, 1900: E. e. consolei Barrett-Hamilton, 1900; E. e. meridionalis Altobello, 1920. Al momento diversi studi genetici recenti hanno evidenziato leggere differenze fra le entità, più o meno paragonabili a quelle esistenti tra singole popolazioni interne a ogni forma proposta. La cosa più significativa emersa è una differenziazione est-ovest delle popolazioni europee, con Spagna, Francia e Gran Bretagna da un lato e Italia, Germania, Svezia dall'altro. Ad oggi non viene comunque riconosciuto un rango tassonomico autonomo a nessuna entità: la mancanza di sufficienti campionamenti geografici non consente una valutazione adeguata della variazione genetica e morfologica e il problema tassonomico del gruppo resta da risolvere.
E. [concolor] roumanicus Barret-Hamilton, 1900, è specie separata da E. europaeus ed è presente anche nell’Italia nord-orientale. Al momento resta ancora non chiaro il rapporto tassonomico tra E. roumanicus ed E. concolor (Filippucci e Simson, 1996), che taluni autori considerano ancora sinonimi (Corbet, 1988).

CARATTERISTICHE
Ha forme raccolte, senza netta separazione tra la testa ed il resto del corpo, muso allungato e appuntito, occhi relativamente grandi, orecchie quasi sempre corte, coda brevissima, zampe brevi e robuste, dita munite di artigli lunghi e piuttosto arcuati. Le parti superiori e laterali del corpo sono rivestite da aculei lunghi 2-3 cm di colore fulvo-giallastro con una banda bruno-nerastra in prossimità della punta, mentre il muso, le zampe e le parti ventrali sono ricoperte in genere di pelo di colore grigiastro o bruno.
A seconda della distribuzione, le popolazion italiane presentano comunque leggere differenze morfologiche riconducibili comunque ad alcune delle forme sottospecifiche ipotizzate:
- La forma tipica di E. europaeus raggiunge a sud le Alpi ed è probabilmente presente anche in Italia in limitate aree lungo il confine alpino; presenta le dimensioni maggiori, è contraddistinta da una maschera facciale nerastra che si estende dagli occhi al muso e da una colorazione ventrale scura (raramente fulvo-grigiastra).
- Le popolazioni che dall'arco alpino scendono a sud nell'Italia settentrionale e peninsulare sono di dimensioni minori e con colorazione più pallida (cfr. E. e. italicus Barrett-Hamilton, 1900).
- Le popolazioni dell'Abruzzo e del Molise sono caratterizzate da orecchie più lunghe e da coda corta rispetto alla forma precedente, con colorazione variabile (cfr. E. e. meridionalis Altobello, 1920).
- Le popolazioni della Sicilia e in parte della Calabria presentano colorazione bruno cenere sulle spalle e sulla testa, il dorso e i lati del corpo colore bruno seppia con peli grigiastri sparsi e le parti ventrali fulvo crema uniforme; gli aculei hanno netto contrasto fra le zone scure e quelle chiare (cfr. E. e. consolei Barrett-Hamilton, 1900).
Lunghezza testa-corpo: cm 25-30.
Lunghezza coda: cm 2-3,5.
Peso: g 450-1.000.
Di tendenze solitarie, è attivo al crepuscolo e durante la notte, sebbene interrompa la caccia per brevi periodi di riposo; trascorre il giorno in rifugi naturali tra la fitta vegetazione. Per quanto proceda abitualmente con andatura lenta, è capace di spostamenti anche notevoli a velocità sostenuta per raggiungere il territorio di caccia. Nuota bene, per quanto non volentieri e solo se ne è costretto. In caso di pericolo, attraverso la contrazione di uno specifico muscolo, si raggomitola completamente su sé stesso, diventando una palla rivestita di aculei. Trascorre la stagione invernale in letargo in una tana ben tappezzata di erbe e foglie secche; il sonno invernale è interrotto da risvegli spontanei e brevi periodi di attività. Secondo la sintesi di Corbet (1988), la predazione sul riccio non è pesante, sebbene non insignificante. Sono noti casi di predazione invernale da parte della martora (Martes martes); in Baviera il riccio costituisce il 24 % in peso della dieta del gufo reale (Bubo bubo), in Svezia rappresenta circa il 30 % delle prede dell’aquila reale (Aquila chrysaetos); anche la predazione da parte di animali domestici (soprattutto cani) può essere incisiva presso le aree abitate. Non è chiaro quanto la predazione incida sulle popolazioni, per esempio in rapporto alla mortalità stradale e alla mortalità per fame durante l’ibernazione, che viene considerata la principale causa di mortalità per la specie.
Il riccio si nutre quasi esclusivamente di invertebrati che cattura al suolo di notte, come Coleotteri, larve di Lepidotteri e Ditteri, Dermatteri, Diplopodi, Gasteropodi, Lumbricidae, Chilopodi e Araneidi. Inoltre la specie approfitta delle opportunità fornite consciamente o inconsciamente dall’uomo, alimentandosi anche dalle ciotole per cani e gatti presenti nei giardini privati. Wroot (1985) mette in evidenza che, in contrasto con l’ampio spettro alimentare, il riccio appare comunque selettivo nella scelta degli alimenti, prediligendo prede dal corpo molle (soprattutto lombrichi, ma anche limacce, larve di lepidotteri e larve in generale) rispetto a prede coriacee, che vengono utilizzate quando sono carenti le prede prive di esoscheletro coriaceo.
Il periodo degli accoppiamenti ha luogo tra aprile e agosto, ma può protrarsi fino a ottobre; le femmine sono gestanti tra maggio e ottobre, ma soprattutto in maggio-luglio e settembre. Le femmine costruiscono un nido di grandi dimensioni dove partoriscono 3-8 (mediamente 4-6) neonati dopo 30-35 giorni di gestazione, e possono avere una seconda riproduzione con nascite in estate o agli inizi dell’autunno.
Alla nascita i giovani sono ciechi; i denti definitivi iniziano a spuntare a una settimana di vita. I giovani iniziano a seguire la madre fuori dal nido a circa 22 giorni e si rendono indipendenti a 4-6 settimane. La maturità sessuale viene raggiunta a 11-12 mesi di vita. Superato il primo anno di vita i giovani hanno buone possibilità di sopravvivere almeno un biennio; l’età massima raggiunta varia tra 7 e 10 anni, ma probabilmente la durata media della vita è di 3 anni. La mortalità al nido è valutata intorno al 20 %, nel primo anno di vita del 60 %, dopodiché il tasso di sopravvivenza aumenta notevolmente fino al 4°-5° anno. (Morris, 1978; Macdonald e Barrett, 1993)

COROLOGIA E DISTRIBUZIONE GENERALE
Specie diffusa nell’Europa occidentale, comprese le Penisole Balcanica (forse abitata da un’altra specie) e Italica, le Isole Britanniche, la Scandinavia meridionale, i Paesi Baltici e una parte della Russia settentrionale. Esiste anche una fascia di sovrapposizione con l’areale di E. [concolor] roumanicus che unisce idealmente il golfo di Trieste e il golfo di Pomerania sul Mar Baltico. Tra il 1952 e il 1975 l’areale finlandese della specie si è ampliato di circa 200 Km verso Nord.
E. europaeus è stato introdotto in Nuova Zelanda alla fine del XIX e sembra aver assunto carattere di specie aliena invasiva, dannosa alla fauna endemica autoctona. Anche l'introduzione accidentale della specie in sistemi insulari (ad es. in isole dell'arcipelago delle Ebridi) è rapidamente divenuta causa di problemi ecologici, come la predazione massiva di uova deposte a terra da specie ornitiche coloniali.
E. europaeus è diffuso in Italia in tutte le regioni, ad eccezione delle aree montuose più elevate; la presenza della specie in Sardegna e Corsica è dovuta a introduzioni da parte dell’Uomo e viene fatta risalire a 6000-5000 anni fa (Vigne, 1992).

DISTRIBUZIONE E HABITAT IN EMILIA-ROMAGNA
L’habitat naturale include boschi di latifoglie, cespuglieti e praterie umide. La specie è ben adattata agli habitat antropici, quali giardini, prati e margini dei coltivi. Sulle Alpi non oltrepassa il limite della vegetazione arborea e supera solo raramente i 1500 m. Non scava tane ma utilizza rifugi ricavati sotto cespugli, cataste di legna o rami caduti, che adatta con l’apporto di foglie e erbe secche.

PRINCIPALI FATTORI DI MINACCIA
Non esistono prove che il riccio sia realmente in declino, sebbene sia verosimile che almeno localmente, in zone ad elevata agricoltura o con una rete viaria di grande traffico, essa possa divenire più rara che in habitat più naturali.
Le principali cause di minaccia a livello locale sono sono soprattutto:
- il traffico veicolare,
- l’uso di insetticidi,
- la banalizzazione del territorio agricolo soggetto in pianura a monocolture intensive.

SEGNALAZIONI NELL'OASI
DATA STAZIONE RILEVATORE NOTE
30/05/2007 Prati incolti in libera evoluzione lungo sentiero Andrea Serra (Ecosistema)

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