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LISTA DEGLI ANIMALI DELL'OASI
>> MESOTRITON ALPESTRIS
Mesotriton alpestris (Laurenti, 1768)
Tritone alpestre
SISTEMATICA E TASSONOMIA
Phylum: Chordata
Classe: Amphibia
Ordine: Urodela
Famiglia: Salamandridae
Sinonimi: Triturus alpestris (Laurenti, 1768); Ichthyosaura alpestris (Laurenti, 1768) Sino a pochi anni fa la specie apparteneva al genere Triturus. A seguito della profonda revisione tassonomica sugli anfibi operata da Frost ed altri nel 2005, viene ora considerata dalla maggior parte degli studiosi come unica specie del genere Mesotriton., taxon descritto da Bolkay nel 1927.
Essendo specie ad ampia distribuzione, sono state descritte molte entità geografiche su base prevalentemente morfologica; di esse solo sei (alpestris, apuanus, cyreni, inexpectatus, serdarus e veluchiensis) sono probabilmente valide (Zuiderwijk, 1997). In Italia sono presenti tre distinte sottospecie: T. a. alpestris, sui rilievi alpini e collinari da Trieste sino alla Valle d’Aosta, T. a. apuanus, riconoscibile per la fitta macchiettatura scura della gola, diffuso nelle Langhe, nelle Alpi Marittime, nelle Alpi Apuane e nell’Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo, e T. a. inexpectatus presente in un limitato numero di laghi calabri. Il differenziamento genetico fra queste sottospecie è notevole e coinvolge diversi aspetti comportamentali (Andreone et al., 1993).
CARATTERISTICHE Sia il maschio sia la femmina metamorfosati hanno le parti ventrali del tronco da giallo-aranciato a rosso-arancio, salvo rare eccezioni prive di macchie o di macchiette scure, almeno nella zona mediana. La gola è dello stesso colore del ventre e, a seconda delle popolazioni, può essere anch'essa del tutto immacolata o al contrario provvista di un numero vario di punti o macchiette nerastri.
Il maschio presenta una cresta vertebrale lungo tutto il dorso, nera e gialla, piuttosto bassa (al massimo 2,5 mm) e con margine rettilineo; essa si continua con quella caudale, senza rilevanti diminuzioni di altezza a livello della cloaca. La cresta dorsale, seppure di dimensioni più limitate, permane anche dopo il periodo degli amori.
La massima lunghezza totale in questa specie è di circa 12 cm, con le femmine in media leggermente più lunghe dei maschi, i quali di rado raggiungono gli 11 cm; il peso è di 2-3 g nei maschi e di 3-6 g nelle femmine, con un valore medio rispettivamente di 2,8 g e 3,9 g (Berger & Günther, 1996).
Al momento della schiusa le larve misurano da 7 a 10 mm di lunghezza totale. Hanno coda molto lunga e sottile e presentano branchie esterne di color brunastro o, più raramente, rossastro. La colorazione di fondo è grigio bluastra, più scura sul dorso, progressivamente più chiara sui fianchi, fino al ventre chiaro e translucido. Su tutto il corpo sono distribuiti melanofori scuri, spesso addensati a formare macchie, la punteggiatura è particolarmente marcata sulla coda. Fra le specie di tritoni presenti in Italia è quella più legata all’acqua, nella quale i metamorfosati possono restare a lungo anche dopo il periodo riproduttivo o addirittura tutto l’anno; la durata della permanenza dei metamorfosati in ambiente acquatico sembra comunque abbastanza diversa nelle tre sottospecie (ANDREONE & TRIPEPI, 2006).
Nel caso che il sito si prosciughi durante i mesi più caldi, gli adulti lo abbandonano e trascorrono a terra un periodo di estivazione. Gli individui neotenici, indissolubilmente legati all’ambiente acquatico e molto più frequenti in M. alpestris che negli altri tritoni italiani, costituiscono talora una percentuale rilevante della popolazione e in certi casi la netta maggioranza o persino la totalità di essa.
Casi di popolazioni con esemplari neotenici sono noti in tutte e tre le sottospecie presenti nel nostro Paese.
I tritoni adulti sono attivi principalmente di notte, sia in fase terrestre che in fase acquatica. Di giorno gli adulti in fase terrestre sono attivi soltanto durante e dopo le precipitazioni. Nella fase acquatica, sia le larve che gli adulti, possono essere attivi sia di giorno che nelle ore notturne.
Durante la stagione fredda i tritoni alpini entrano in letargo. A seconda della quota e della latitudine, il periodo d'ibernazione può iniziare da settembre ad ottobre e terminare dai primi giorni di febbraio a maggio. Solitamente alle quote più alte il periodo di attività risulta molto breve. La dieta degli adulti in fase terrestre comprende lombrichi, lumache, artropodi, insetti e loro larve. Nella fase acquatica predano piccoli bivalvi, insetti acquatici, anellidi, irudinei ed altri invertebrati. Il consumo di uova e larve di altri altri anfibi è molto comune. Anche gli episodi di cannibalismo sono frequenti, specialmente a danno di larve e di immaturi.
Dopo il riassorbimento del sacco vitellino, le larve si cibano prevalentemente di microcrostacei appartenenti alle famiglie Daphniidae, Chydoridae, Copepodae. Con il crescere delle dimensioni, consumano quantità maggiori di molluschi, grandi microcrostacei (Daphinia) ed insetti acquatici. In linea di massima le larve di questa specie predano animali bentonici in percentuale superiore rispetto ad altri tritoni. In particolari condizioni di affollamento o di scarsità di cibo, si verificano sistematicamente episodi di cannibalismo.
Predatori, parassiti e malattie - Sicuramente i maggiori predatori della specie sono i salmonidi che possono essere presenti ngli stessi ambienti e si cibano di questa specie in tutti i suoi stadi di sviluppo. Nei piccoli laghi montani questa specie può essere distrutta dall'introduzione di salmerini e trote. Il tritone alpino è spesso vittima anche di serpenti acquatici, altri anfibi ed uccelli. Le uova e le larve vengono predate da larve ed adulti di insetti acquatici. La specie raggiunge la maturità sessuale durante il 3-4 anno di vita.
La stagione riproduttiva comincia generalmente alla fine dell'ibernazione e, come questa, dipende dalla quota e dalla latitudine. Sono noti anche casi di attività riproduttiva già in autunno e poi, dopo la pausa invernale, una seocnda fase più intensa in primavera. A quote elevate le femmine si riproducono una volta ogni due anni.
Come altre specie di tritone, la copula è preceduta da un rituale d'accoppiamento. Il maschio si dispone davanti alla femmina inarcando il dorso, piega la coda a 180° e la fa vibrare, creando una corrente d'acqua in direzione della compagna. Se ricettiva, la femmina risponde sollevando la coda ed esponendo la regione cloacale. Il maschio accenna spostarsi e la femmina lo segue. Appena la compagna tocca la parte terminale della coda del maschio, questo emette una spermatofora che si deposita sul fondale. La femmina in seguito raggiunge la spermatofora ponendosi sopra di essa per prelevarla con la cloaca.
Ogni femmina depone fino a circa 250 uova per stagione riproduttiva. Le uova sono di colore marrone chiaro, misurano da 1.3 a 1.8 millimetri di diametro, e con l'involucro gelatinoso raggiungono 3 - 4 millimetri. La femmina depone le uova singolarmente, fissandole alle foglie delle piante acquatiche che in seguito ripiega a portafoglio sopra l'uovo. Il periodo di incubazione è piuttosto breve, la schiusa avviene in poco più di una settimana.
COROLOGIA E DISTRIBUZIONE GENERALE La specie è un'entità montana a distribuzione europea centrale e meridionale.
È diffusa dall’Ucraina occidentale e dalla Romania centrale alla Danimarca meridionale (Jutland sud-orientale), alla Francia orientale e centrale, al Belgio, all’Olanda, all’Italia e alla Grecia centrale; popolazioni isolate sono presenti anche nella Spagna settentrionale e centrale. È stato anche introdotto con acclimatazione in Gran Bretagna e nella Sierra de Guadarrama (provincia di Madrid, Spagna centrale). La specie si osserva dal livello del mare, zone settentrionali dell'areale, fino a circa 2.500 metri di quota (Svizzera ed Alpi francesi)
In Italia il tritone alpestre è distribuito in buona parte della regione alpina e prealpina e dalle Alpi Marittime alle Alpi Apuane e all’Appennino centro-settentrionale; popolazioni isolate, da interpretare come relitti di origine glaciale, sono pure segnalate nella Toscana centrale (territori a cavallo delle province di Firenze e Siena e di Grosseto e Siena), nel versante laziale dei Monti della Laga (Rieti; 1450-1600 m s.l.m.) (Capula & Bagnoli, 1983; Capula, 2000) e nella Catena Costiera calabrese (Cosenza; 800-1200 m s.l.m.) (Dubois, 1983; Dubois & Breuil, 1983; Giacoma et al., 1988; Tripepi et al., 1996; Tripepi et al., 1999).
Le popolazioni italiane presentano ampia distribuzione altitudinale: nella parte settentrionale dell’areale (ma, in particolari situazioni ecologiche, anche in quella meridionale) il tritone alpestre arriva sin quasi al livello del mare, mentre sulle Alpi si spinge non di rado oltre i 2000 m di quota ed eccezionalmente fino a 3000 m di quota (Thorn, 1968; Lanza, 1983).
La specie è stata in un recente passato oggetto di diverse trasfaunazioni operate dall’uomo. Nella seconda metà del XIX secolo, è stata introdotta nella “Collina” di Torino, dove si è acclimatata (Lanza, 1983); una popolazione derivante da poco meno di 200 esemplari, in buona parte neotenici, provenienti dal Lago Baccio (Appennino Modenese) è stata immessa fra il 1949 e il 1950 nella «Cava Maurizio», sul versante orientale di Monte Ceceri (dintorni di Fiesole; Firenze), dove è stata presente fino alla metà degli anni ’60 del secolo scorso per venire forse distrutta dai pesci immessi nella pozza in cui viveva (Lanza, 1966). Del tutto scomparsi sembrano pure gli esemplari importati nella pianura bolognese, probabilmente dall’Appennino Tosco-Emiliano, attorno al 1920 (Lanza, 1983).
DISTRIBUZIONE E HABITAT IN EMILIA-ROMAGNA Distribuzione prevalentemente appenninica con maggiore frequenza nel settore centro occidentale Il tritone alpestre frequenta corpi d’acqua ferma o a debole corrente della più diversa natura e dimensione, mostrando in genere buona tolleranza per ciò che riguarda la temperatura, seppure tenda a frequentare le acque fresche e con vegetazione elofitica e idrofitica in quantità non troppo rilevante. In quota sembra preferire nettamente i corpi d’acqua trasparenti e oligotrofici, ma ad altitudini minori appare senz’altro più euriecio.
Frequenta quindi prevalentemente laghetti, stagni o semplici pozze, in presenza o in assenza di una fitta vegetazione rivierasca ed emergente; è comune anche nelle torbiere di alta quota; nelle aree di pianura è invece molto più raro e generalmente relegato alle zone di risorgiva.
Talvolta lo si rinviene anche in ambienti antropizzati quali abbeveratoi e vasche artificiali (Giacoma, 1988; Giacoma et al., 1988).
STATO DI CONSERVAZIONE DELLE POPOLAZIONI REGIONALI Valutazione IUCN regionale: LC Valore conservazionistico delle popolazioni regionali: Solo parte del terriotorio dell'Emilia -Romagna ricade nel suo areale nazionale; per questo deve essere oggetto di particolare attenzione. Rimane ancora una specie abbastanza diffusa nel suo areale.
PRINCIPALI FATTORI DI MINACCIA Come tutti i nostri tritoni, anche quello alpestre è fortemente minacciato dalla distruzione e dall’alterazione dei suoi ambienti di riproduzione e di vita, trattandosi per di più di un’entità che trascorre in acqua buona parte dell’anno o, nel caso delle forme neoteniche, ci vive addirittura in maniera permanente.
Una causa di minaccia di primaria importanza è inoltre costituita dall’immissione di Pesci carnivori, e in particolare di Salmonidi, nei corpi d’acqua frequentati dalla specie.
Particolarmente a rischio appaiono le piccole isolate popolazioni dell’Italia centrale e meridionale, in quanto legate a pochi siti riproduttivi, per di più, almeno per quanto riguarda quelli dei Monti della Laga, minacciati dai disboscamenti e dall’eccessiva presenza di bestiame pascolante allo stato brado (CAPULA, 2000a).
Questa specie viene inoltre catturata per scopi commerciali legati agli appassionati di terraristica, nonostante i numerosi divieti; tale minaccia può rivelarsi particolamente pericolosa per le sottospecie più rare e localizzate (ad es. le popolazioni calabresi di M. a. inexpectata).
MISURE DI TUTELA E CONSERVAZIONE Gli ambienti umidi, quali fossati, canaletti, laghetti, pozze e prati umidi, in particolar modo quelli conosciuti come riproduttivi per la specie, devono essere oggetto di progetti di riqualificazione e successiva protezione.
Nei siti riproduttivi deve essere proibita l'introduzione di specie ittiche predatrici e di specie alloctone che, in modo diretto o indiretto, possono arrecare danni rilevanti alle ovature, alle larve e agli adulti.
Nelle raccolte d'acqua naturali e seminaturali, l'eventuale disturbo dovuto al bestiame al pascolo deve essere ridotto, specialmente se le pozze vengono utilizzate da popolazioni neoteniche. Ciò può avvenire mediante la protezione con recinzioni di porzioni consistenti dei corpi idrici oppure creando e gestendo pozze alternative completamente recintate.
SEGNALAZIONI NELL'OASI |
DATA |
STAZIONE |
RILEVATORE |
NOTE |
07/07/2018
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Stagno B&B Rio Conco
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Andrea Serra (Ecosistema)
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individui neotenici
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01/06/2013
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Roncaglio
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Andrea Serra (Ecosistema)
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