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LISTA DELLE PIANTE DELL'OASI
>> QUERCUS ROBUR
Quercus robur L.
Quercia comune, Farnia
SISTEMATICA E TASSONOMIA
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida (Magnoliidae)
Ordine: Fagales
Famiglia: Fagaceae
Sinonimi: Quercus pedunculata Ehrh. Nella grande variablità fenologica della specie, "Flora Europea" 1993 ed anche "Flora d'Italia" di Pignatti prima e la nuova Checklist della flora d'Italia 2005, individuano due sottospecie:
- Quercus robur subsp. robur (che è quella descritta in questa scheda e comprende: Q. estremadurensis O. Schwarz, Q. r. subsp.broteroana O. Schwarz e Q. haas Kotschy).
- Quercus robur subsp. brutia (Ten.) O. Schwarz, limitata all'Italia meridionale e alla costa adriatica della penisola balcanica: si distingue dal tipo precedente, per i rametti e le foglie inizialmente pubescenti, le foglie poi, hanno seni molto stretti e la cupola della ghianda è più grande fino a 23 mm di diametro con squame patenti all'apice.
Oltre a ciò la Farnia si può confondere con:
- la Rovere [Quercus petraea (Matt.) Liebl.] che si differenzia per avere ghiande sessili, foglie a ba-se cuneata o arrotondata con la larghezza massima in mezzo alla lamina (che a sua volta presenta lobi più piccoli e numerosi), picciolo lungo, corteccia più scura e fessurata in piccole placche; ha ecologia diversa e non si trova mai su suoli asfittici.
- la Roverella [Quercus pubescens Willd] che ha frutti piccoli, sessili o subsessili, rametti sempre tomentosi biancastri, piccioli delle foglie più lunghi e tomentosi, le foglie generalmente più piccole, coriacee e solo a fine stagione glabrescenti, il tronco sinuoso e la corteccia scura divisa in squame a solchi profondi; vegeta in ambienti xerici.
Questa scheda si riferisce alla specie in senso stretto, ma in natura spesso si incontrano piante con caratteristiche intermedie là dove le sue formazioni o piante isolate incontrano altre specie di querce, principalmente la Rovere ,Q. petraea (Matt.) Liebl., ma anche altre , Q. pubescens Willd. subsp. pubescens (=Q. virgiliana (Ten.) Ten.) [tutto l'aggregato o gruppo di Q. robur ha 2n = 24].
Questa facilità di scambio genetico fra specie differerenti puo essere spiegato ricorrendo alla paleogeobotanica.
Le specie europee del genere Quercus sono relativamente giovani e pare che nel periodo freddo recente del Quaternario (l'ultima glaciazione del Wurm), le querce allora esistenti si siano rifugiate in aree gravitanti attorno al Mediterraneo (nella Penisola Iberica, in quella Balcanica, in Anatolia, nel Magreb, in alcune zone della nostra penisola e nelle isole).
Finita la glaciazione, tre specie sono state in grado di diffondersi verso settentrione, la Farnia, la Rovere e la Roverella. Circa 5000-7000 anni fa queste tre specie avevano occupato spazi ecologici ben differenziati e con l'assenza di interventi antropici, le fitocenosi omogenee avrebbero fissato i caratteri attuali delle tre specie:
- foreste su suoli acidi drenati e atmosfera umida: cenosi a Rovere;
- suoli calcarei asciutti: cenosi a Roverella;
- zone alluvionali su terreni profondi e con falda freatica superficiale: cenosi a Farnia.
In queste condizioni le tre cenosi, omogenee e compatte, non avevano modo di scambiarsi i pollini (anemofilia) e le introgressioni genetiche erano rarissime, nonostante non si fossero ben sviluppati meccanismi genetici in grado costituire anche una barriera all'incrocio fra i diversi taxa.
In seguito si è prodotta la notevole variabilità attuale grazie all'intervento antropico che ha completamente rivoluzionato l'uso del suolo, eliminando le grandi superfici boscate compatte, relegando i querceti in zone marginali e inidonee, divise solo da ampi spazi coltivati dove il vento poteva agevolmente scambiare i pollini e di conseguenza i geni delle tre specie diverse.
CARATTERISTICHE Grande albero deciduo di prima grandezza, di primaria importanza ecologica e nelle migliori condizioni anche economica; alto in bosco mediamente fino a 30-35 m ma può raggiungere i 50 m e diametri del tronco oltre due metri; specie molto longeva superando anche i 500 anni di vita.
La farnia ha tronco robusto e negli esemplari isolati si ramifica in grosse branche perdendo presto la sua identità, formando una chioma molto ampia che nella parte basale è formata da rami grossi e portati orizzontalmente; la chioma non è mai molto densa.
In bosco il tronco è dritto e ramificato solo nella parte apicale con i rami più bassi portati orizzontalmente e nella parte distale con rami che formano man mano angoli più acuti sempre con chioma non molto densa; la dominanza apicale si divide su numerosi rami e forma una chioma ovale che in età avanzata diviene ampia.
La corteccia giovane è liscia e grigiastra per molti anni (10-20) forma poi man mano, un ritidoma fessurato longitudinalmente con solchi regolari e profondi divisi da fessure orizzontali meno profonde formando principalmente placche rettangolari allungate.
I rametti dell'anno sono grigi o brunastri lisci e lucidi con lenticelle biancastre a volte anche angolosi, portano gemme poligonali o ovoidali, glabrescenti, pluriperulate, embriciate e nella parte apicale del rametto si addensano formando un caratteristico pseudoverticillo.
La crescita è monopodiale con delle caratteristiche particolari, spesso c'è inibizione dei meristemi apicali e l'allungamento è affidato ad una gemma laterale e la parte apicale dissecca.
Le foglie sono caduche a contorno obovato-oblunghe, più larghe nel terzo distale, ristrette alla base e leggermente e irregolarmente asimmetriche con 5-7 lobi ampi e seni arrotondati e presso il corto picciolo (2-5mm) si formano due caratteristici piccoli lobi ineguali (orecchiette).
Le foglie hanno consistenza erbacea e solo a fine stagione diventano un po' più coriacee; sono lucide e di colore verde medio nella pagina superiore, più chiare in quella inferiore per cere epicuticolari a struttura in scaglie verticali caratteristiche del sottogenere Quercus; hanno dimensioni che vanno da (5) 10-12 a (15) cm di lunghezza e 3-6 cm di larghezza.
La fioritura è contemporanea alla fogliazione dalla fine di aprile a maggio ed è formata da fiori maschili in amenti pauciflori (10-12 fiori) penduli alla base del ramo dell'anno, hanno perianzio giallastro, hanno 4-12 stami con antere glabre.
I fiori femminili sono localizzati nella parte apicale del rametto all'ascella delle foglie, formati da brevi spighe di 2-5 elementi portati da un peduncolo glabro di 3-5 cm; il fiore è formato da 3 stigmi di colore rossastro avvolti da brattee ovali lungamente acuminate, l'impollinazione è anemofila.
La Farnia ha una fase giovanile piuttosto lunga; negli esemplari isolati, inizia a fruttificare regolarmente verso i 30 anni, mentre in bosco per avere fruttificazioni abbastanza regolari bisogna aspettare i 60-70 anni di età; comportamento caratteristico di piante definitive che edificano formazioni climax.
La fecondazione avviene dopo circa due mesi dall'impollinazione, il peduncolo dei fiori femminili si allunga fino a 5-12 cm (come l'epiteto specifico pedunculata fa capire).
I frutti, chiamate ghiande, maturano nell'anno in settembre-ottobre, hanno una cupola che li copre per 1/4 - 1/3, è formata da squame embriciate di forma triangolare, più grandi vicino al picciolo.
La ghianda è allungata e liscia con dimensioni variabili da 2 a 3,5 cm a maturità di colore marrone con striature longitudinali più scure.
Il frutto è recalcitrante (germina subito) di conseguenza va seminato subito alla maturazione, la diffusione è principalmente zoocora.
La plantula ha l'epicotile glabro e la prima foglia è omomorfa ma sessile o subsessile poco lobata, le successive simili alle definitive, spesso, se l'inverno non è tanto rigido, rimangono verdi fino a primavera.
L'apparato radicale è inizialmente un grosso fittone che penetra profondamente nel terreno, ma in pochi anni si formano anche robuste radici laterali che ancorano saldamente la pianta; verso i 60-70 anni però il fittone perde la sua dominanza e rimangono le numerose e robuste radici laterali che creano una rizosfera molto espansa, ma abbastanza superficiale rispetto alle altre querce, questo è probabilmente anche un adattamento della specie a terreni con falda freatica superficiale, altrimenti soggette ad asfissia, il suo habitat usuale.
Il legno della Farnia è molto pregiato in particolare quello derivato da piante cresciute in modo costante in boschi densi e non molto vigoroso, gli anelli annuali di accrescimento dovrebbero essere inferiori al cm. di spessore, ciò si ottiene in zone con clima da subcontinentale a continentale, in popolamenti di buona densità, (Slavonia).
E' un legno di ottima durata anche se a contatto con acqua, perchè è impregnato di tannini che lo rendono imputrescibile, è di facile lavorazione, serve per costruzioni navali, edili, per travature, per mobili, pavimenti e per doghe per botti, è un ottimo combustibile e produce un ottimo carbone; “ il rovere di Slavonia” è normalmente legno di Farnia.
In genere il legno di Farnia non si differenzia dal legno della Rovere e le due provenienze hanno i medesimi usi.
Il legno ha alburno giallastro o più o meno biancastro e il duramen (massello), più scuro marrone chiaro che però tende a scurirsi nel tempo, ha anelli di accrescimento annuale ben distinti ed evidenti, anche ad occhio nudo, vasi primaverili che formano un cerchio, (legno a porosità anulare), ha numerosi raggi parenchimatici, uniseriati e pluriseriati larghi e molto visibili (specchiature). P scap - Fanerofite arboree. Piante legnose con portamento arboreo dalla fine di aprile a maggio
COROLOGIA E DISTRIBUZIONE GENERALE La Farnia è la specie con areale più vasto fra tutte le querce europee. In Europa raggiunge a Nord la Scandinavia meridionale e in Norvegia raggiunge il 63° parallelo, in Russia segue il 60° parallelo fino agli Urali, ad est raggiunge il Caucaso, a sud oltre che in Italia, si trova in tutta la regione bal-canica e nell'Anatolia, manca in Corsica e nelle isole Baleari, a ovest raggiunge il fiume Douro, in tutta la Francia e la regione inglese.
È presente in quasi tutte le regioni italiane. Manca in Sicilia, mentre in Sardegna viene considerata specie alloctona casuale.
DISTRIBUZIONE E HABITAT IN EMILIA-ROMAGNA L'ecologia della specie (autoecologia) la caratterizza come componente delle grandi foreste planiziali tendenzialmente continentali dell'Europa centrale e orientale, con inverni rigidi e estati calde ma mai secche, è piuttosto esigente in luce e, anche da semenzale, tollera per pochi anni l'ombreggiamento. Predilige i terreni profondi, freschi, fertili con humus di tipo mull o idromull, a reazione da subacida a subalcalina con buona disponibilità idrica per tutto l'anno, anche con falda freatica superficiale ma rifugge quelli troppo compatti.
Nei mesi invernali l'apparato radicale sopporta anche per 2-3 mesi la sommersione, perciò si trova da noi associata al Frassino ossifillo, nei boschi relitti planiziali, che ha le stesse caratteristiche di sopportare la sommersione lunga durante il riposo vegetativo.
La Farnia, in Italia, in condizioni naturali, forma fitocenosi con diverse latifoglie costituendo e caratterizzando i boschi di pianura riferibili ai “Querco-carpineti planiziali” che in epoca storica erano diffusi in tutta la pianura Padano-veneto-friulana; i romani in particolare chiamavano queste grandi selve orientali la “Silva lupanica”.
Oggi, questi terreni molto fertili, sono totalmente resi coltivabili e di queste selve rimangono piccoli lembi di boschi qua e là, di poche centinaia di ettari e nei terreni peggiori.
Purtroppo anche questi frammenti, di grande valenza ecologica, sono minacciati da bonifiche che abbassano molto la falda freatica, indeboliscono queste formazioni e contribuiscono al “deperimento delle querce”.
Sono formazioni composte principalmente da Farnia, Carpino bianco, Olmo campestre, Acero campestre, Frassino ossifillo, Ontano nero e a seconda di condizioni edafiche e climatiche più o meno fresche, si arricchiscono di ulteriori specie più termofile o più microterme anche nello strato arbustivo ed erbaceo.
Nel nord-Italia la zona di elezione di questa specie, è la pianura Padano-veneta-friulana in condizioni di falda freatica superficiale, dove forma o formerebbe le associazioni ascrivibili ai “ Querco -Carpinetum boroitalicum” Pignatti 1953 ex Lausi 1966; queste fitocenosi in seguito vengono divise in varie sub-associazioni e varianti e si possono ancora trovare relitte anche in Toscana e Lazio.
Nelle alte pianure e zone collinari in condizioni di buona fertilità e freschezza (piane alluvionali recenti, impluvi) la specie forma fitocenosi ascrivibili ai Querco-Carpineti collinari, che si differenziano per la partecipazione di specie più esigenti in freschezza avvicinandosi più ai Querco-Carpineti centro-est-europei; al posto del Frassino ossifillo c'è il Frassino maggiore e vi partecipano Castagno, Acero di monte e Acero riccio, Olmo montano, Ciliegio selvatico e il Pado (Ciliegio a grappoli) specie differenziale è la presenza di Ranunculus auricomus L. che caratterizza i querceti centro europei; nelle zone più drenate vi partecipa anche la Rovere; nello strato erbaceo sono presenti diffusamente geofite (Galanthus nivalis, Leucojum vernum, Crocus vernus ssp. vernus, Anemone nemorosa, Anemone ranuncoloides e Anemone trifolia)
Nell'Italia centrale e meridionale, oltre alle già ricordate zone planiziali di Toscana e Lazio, la Farnia si trova in modo sporadico sempre in condizioni di massima freschezza (Impluvi e/o alluvioni recenti) entrando in contatto dal basso con le leccete e dall'alto con le faggete, castagneti e gli ontaneti di Ontano napoletano.
Purtroppo questa specie occupava principalmente le zone più fertili del territorio e la maggior parte di questi ambienti è stata modificata dall'uomo per le coltivazioni e la contrazione della sua presenza continua tuttora con forte rischio di scomparsa in molte zone dell'Italia peninsulare anche dovuta alle pessime zone di rifugio in cui si trova, accentuando i già forti attacchi di deperimento di cui è afflitta.
La farnia è una forte consumatrice di acqua e queste sue esigenze la rendono particolarmente suscettibile alle annate siccitose, agli stress idrici e si manifestano disseccamenti e alterazioni delle ramificazioni con la formazione di numerosi rami epicormici, sia sul tronco che sulle branche principali.
SEGNALAZIONI NELL'OASI |
DATA |
STAZIONE |
RILEVATORE |
NOTE |
19/11/2017
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Lungo Reno
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Andrea Serra (Ecosistema)
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